Ben presto ci
accorgemmo (o meglio, fu Toro Scatenato a dichiararlo, sostenendo che
glielo aveva detto un uccellino) di essere pedinati sia da un nutrito
gruppo di sudisti – almeno una dozzina -, guidati da un indiano,
sia da alcuni di quegli infedeli neri come il peccato, i quali si
tenevano nascosti nella boscaglia. Non appena arrivammo in una zona
montuosa, anche considerato il fatto che il nostro vantaggio si
assottigliava, ci disponemmo ad un'imboscata. Simulammo di esserci
accampati, lasciando i manichini e il ferito Doc attorno al fuoco,
mentre noi ci nascondemmo nella boscaglia in modo da tenere sotto
tiro la pista. Disgraziatamente, non appena l'indiano alla guida dei
sudisti vide l'accampamento, il gruppo si fece più guardingo, e il
comandante Lomax, che conduceva il drappello, lo divise addirittura
in tre: cinque salirono verso il luogo dove io mi ero appostato,
sotto la scorta del gigantesco indiano; tre proseguirono lungo la
pista; altri cinque procedettero fra la boscaglia più lontana da
noi. Giunti quasi all'accampamento, l'indiano si avvide dell'inganno,
fece appena in tempo a urlare che si trattava di una trappola prima
di essere falciato dalla precisa pistolettata del pur ferito Doc,
mentre le fucilate di Bret sistemavano gli altri due. Nel contempo,
io feci risuonare alta la Voce dell'Agnello di Dio, ossia della mia
Gatling, riuscendo subito a redimere con la morte tre dei peccatori
che ci stavano inseguendo, mentre gli altri due si rifugiarono sotto
un masso. La situazione sarebbe stata tranquilla, se improvvisamente
non fossi stato colpito alla mano da una stella di ferro, piccola ma
dolorosissima, scagliata da uno di quei diavoli neri mascherati,
spuntati dal folto degli alberi. Per fortuna, Toro Scatenato si
lanciò come un ossesso sugli infedeli, uccidendone uno sul colpo e
ingaggiando un duello all'arma bianca con il secondo, che lo avrebbe
tenuto impegnato ancora per un po', ma che poi avrebbe vinto.
Intanto, il mio Agnello ebbe modo di redimere un altro peccatore.
lunedì 29 dicembre 2014
mercoledì 24 dicembre 2014
Le vie del signore sono finite, sopratutto a Natale.

Più precisamente, si trattava di
Virginia, la prosperosa signora che aveva facilmente indotto in
tentazione il nostro non riluttante ex US Marshal, che si era
concesso al peccaminoso abbraccio senza remore e senza sospettare che
la diabolica mente femminile, istruita dal demonio, stava in realtà
sfruttando la sua lascivia per perseguire i suoi scopi. La donna,
infatti, si rivelò subito come agente dell'agenzia paragovernativa
Magister 12, portando a riprova un documento firmato in autentico dal
fu Presidente Lincoln. Ci disse che tale agenzia perseguiva obiettivi
simili ai nostri, in quanto anch'essa lottava per evitare che i
progetti delle devastanti armi elaborate da una rete di scienziati
finissero nelle mani sbagliate – anche se era legittimo dubitare
che le loro non fossero mani
sbagliate, dato che si trattava di un'accolita di senza Dio, guidata
da un pugno di individui privi della fede in Nostro Signore perché
abbagliati dell'idolo della scienza; uomini del calibro di Tesla ed
Edison, che vorrebbero sostituire la luce della fede con quella di
una lampadina elettrica.
Nonostante avessi
protestato i miei dubbi, tutti gli altri, indotti dal duplice peccato
di lussuria e avarizia, accettarono di allearsi con questi misteriosi
Magister 12, ed io decisi di adeguarmi, ben sapendo che è dovere del
buon uomo di Chiesa andare là ove si annida il peccato: forse Nostro
Signore Gesù non ci ammoniva che non sono i malati, e non i sani, ad
avere bisogno dei medici? Il primo ordine della procace agente fu
quella di dividerci: coloro che erano a suo avviso necessari alla
causa, ossia il Marshal, l'ateo Lombroso e lo scienziato che avevamo
raccolto, sarebbero stati spostati in gran segreto in una specie di
villa nel Nevada, nella quale già si trovavano i sedicenti Magister
12; noi, umili servi nella vigna del Signore, avremmo invece dovuto
raggiungere il luogo a cavallo, attirando dietro di noi eventuali
sudisti fuori tempo massimo o infedeli del Sol Levante, e
possibilmente menarne strage lontano da ogni centro abitato. Per
rendere credibile l'inganno, partimmo con il favore delle tenebre
portando in sella alcuni manichini abbigliati come i nostri compagni
che viaggiavano comodamente e segretamente in carrozza.
domenica 21 dicembre 2014
"Adoro i piani ben riusciti"
Arriviamo
preparati davanti il Green Star a poche ore dall’incontro, ma una
volta dentro il piano capitola immediatamente, non sono intenzionati
a far salire me e Mc Clintoc scortati, così Carter decide di tornare
indietro e prendere tempo, purtroppo al nostro ritorno in hotel, quel
che troviamo ha dell’incredibile, Toro gravemente ferito, Watson
morto e aggiungiamo che Doc non ha ancora fatto ritorno. L’indiano
ci racconta di essere stato attaccato da strani uomini in tute rosse,
agili e competenti nell’uso delle armi da taglio, la morte dello
scienziato lo ha colpito nell’onore. Riusciamo a riprenderci
velocemente da tutti gli eventi per via della rabbia dovuta
all’attacco, cosa c’entrano gli asiatici? C’è Turbol dietro i
sabotaggi? E’ venuto il momento di tornare all’hotel e giocare a
carte scoperte. Il Green Star è nel panico, gli ospiti fuggono e gli
inservienti sono nell’agitazione, è accaduto qualcosa nella stanza
ventitré, ma prima di poterci informare sull’accaduto, si
ripresentano gli uomini della Pinkerton, sostenendo di essere in
supporto al governo e di essere qui per prendere in consegna gli
scienziati, purtroppo ora che Carter è ricercato non possiamo
calcare la mano, anzi scopriamo che anche Brett nasconde qualcosa
dato che anch’egli e tra i ricercati dal governo, così io e Mc
Clintoc siamo portati dallo sceriffo. Calo così la maschera e
sostenendo di essere in missione per conto di mio zio, riesco uscirne
per riunirmi ai miei compagni, purtroppo lasciando lo scienziato
nelle loro mani. Siamo ancora una volta in hotel, dove ritrovo Doc
gravemente ferito, probamente dagli asiatici; ci troviamo così
totalmente sconfitti dagli eventi. Il silenzio viene interrotto
dall’improvvisa comparsa di Mc Clintoc alla nostra porta, egli
sostiene di essere miracolosamente scampato ad un attacco degli
uomini in rosso dove hanno perso la vita gli uomini della Pinkerton,
e di essere ancora una vittima in quanto possiede alcuni schemi di
armi che non sono ancora in mani sbagliate. Ma come evitare che la
situazione peggiori? L’idea questa volta arriva da un piccolo
indizio, un giornale in stanza col titolo “ambasciatore giapponese
in visita San Francisco”, il destino? Una coincidenza? Lo spunto
per la vendetta? Forse, fatto sta che arrivati a San Francisco
potremmo mettere sotto la vista di tutti gli schemi dei lavori di
Watson e Mc Clintoc, per proteggerli, magari pubblicare la notizia.
Un nome spunta sulle labbra di alcuni di noi: “Mark Twain”.
lunedì 8 dicembre 2014
Camuffarsi...
Qualche
ora dopo Carter ritorna con poche informazioni nuove se non che
nessun minatore sospetto e stato visto nei pressi del telegrafo, e
ciò ancora una volta illumina la mia mente, rimembro infatti che, è
fortemente plausibile che il nostro minatore fosse non solo
camuffato, ma nemmeno americano, anzi di origine asiatica. Dopo le
ultime rivelazioni l’idea migliore è di riposare le poche ore che
ci separano dal mattino e dalla ripartenza, per potere analizzare
quanto accaduto a mente lucida.
Fallon
City, Luglio, 26, 1880. Svegli e relativamente riposati, arriviamo in
stazione di buon mattino con gli occhi aperti per possibili sospetti,
in special modo asiatici. Saltano però subito alla nostra
attenzione, degli inviati della Pinkerton, una sottospecie di
associazione privata al soldo del governo per missioni “sporche”,
c’entrano anche loro in questa storia? Non troviamo risposta a
questa domanda e nemmeno traccia di asiatici, così non ci rimane
altro che partire alla volta di Austin, in un viaggio decisamente più
tranquilla della volta precedente. Arrivati in città ci affrettiamo
a trovare un riparo provvisorio, in un hotel distante dal Green Star,
per studiare un piano d’azione. Siamo per una volta tutti d’accordo
che la situazione è compromessa, è scontato infatti che i
sabotatori, chiunque essi siano, sono già pronti a tenderci una
trappola, consideriamo quindi un primo sopralluogo all’hotel, a cui
parteciperò in prima persona insieme a Carter, Brett e l’inutile
reverendo, mentre Toro e Doc proteggeranno gli scienziati. Il Green
Star è un hotel di lusso, ma si mostra subito come un luogo adatto a
trappole dato il gran numero di ospiti e le molte entrate e uscite.
Otteniamo poche informazioni ma fondamentali, gli emissari del
governo infatti hanno riservato un intero piano per l’incontro con
gli scienziati, e i locali sono interdetti a chiunque. Tornati alla
stanza con le novità, i pareri su come agire sono contrastanti, così
mostro nuovamente di saper essere pedina fondamentale del gruppo con
un idea: camuffarmi da Watson per infiltrarmi all’interno
dell’hotel e poter aver maggior controllo sulla situazione. I miei
compagni non conviti accettano perché in fondo è l’unica idea che
abbiamo, così Carter, Brett, Johnson ed io andremo in Hotel, Doc
sarà fuori di supporto e Toro continuerà a tenere d’occhio Watson
di cui ho magistralmente preso le sembianze.
domenica 30 novembre 2014
Dettagli

sabato 22 novembre 2014
Quel treno per...
Ruper
City, Luglio, 25, 1880. La notte scorre abbastanza tranquilla,
riusciamo così a svegliarci di buon’ora per dirigerci alla
stazione. Durante il tragitto siamo accompagnati dal corteo funebre
delle vittime della sparatoria, la situazione in città è surreale e
andarcene via il più velocemente possibile, sembra sicuramente la
soluzione migliore. Ecco così che troviamo il treno ad attenderci,
un sei vagoni, saldo e robusto, pronto al viaggio. Ci accomodiamo per
quello che dovrebbe essere un viaggio tranquillo verso Austin,
infatti i miei compagni decidono di rilassarsi ognuno a modo loro:
Doc continua a dormire; Toro sostiene che sia più pratico meditare
sopra il treno; Brett si avvicina alla compagnia di un signora sul
treno; mentre Carter, stranamente, decide di accettare le attenzioni
di una, sicuramente altolocata, donna che si era presentata insieme
alla compagna di Brett; il tutto mentre io decido di accomodarmi
nella zona più tranquilla del vagone per cercare di scrivere e
riflettere sugli ultimi avvenimenti ma, sfortunatamente il dannato
prete, ha deciso di impedirmi qualsivoglia forma di studio, intonando
stupidi canti ad alta voce. Fortunatamente per me il treno ha una
brusca frenata e dall’aria Truce di Toro che si ripresenta nel
treno capiamo che fuori è successo qualcosa. Lo spettacolo che si
presenta a poca distanza è particolare: un altro treno che ci
precedeva sul binario, è fermo, uno dei vagoni distrutto con un
enorme cratere fumante, tutt’intorno soldati e quindi guai. Mentre
cerchiamo di osservare quanto accaduto, si avvicina a noi uno dei
tenenti del plotone, che con fare poco garbato quasi sembra voglia
cacciarci.
domenica 16 novembre 2014
Quando un uomo con la pistola o il fucile, incontra un uomo col la gatling, l'uomo con la pistola o il fucile è un uomo morto!!!
Quanto
segue mi è stato riferito in quanto non sono stato presente e la
situazione comunque non è tra le più chiare. Durante la discussione
per le armi, inaspettatamente si presentano al saloon dei soldati che
si identificano come uomini del maggiore Cartridge, vice di Turbol,
domandando spiegazioni per i soldati uccisi davanti lo stabilimento
del carbone. La discussione degenera in pochi minuti, e finisce in
altrettanto pochi minuti, quando il reverendo Jackson decide di
mostrare che forse non è uno sciocco, mostrando che la sua pesante
croce altro non è che una gatling gun ben armata. La conta dello
scambio di opinioni fra il nostro gruppo e il piccolo drappello di
sudisti è di otto morti e un isolato distrutto dall’arma di
Jackson, al suo arrivo lo sceriffo è incredulo.
Alla
fine entriamo nel saloon per rilassarci dopo lo spiacevole equivoco,
siamo così avvicinati da due distinti gentiluomini, che si
presentano come Watson e Mc Clintoc, due scienziati in cerca di una
scorta. I due studiosi ci raccontano di essere in viaggio e di temere
per le loro vite, ma dopo la prova di forza al di fuori del locale,
sono intenzionati a comprare i nostri servigi per protezione fino ad
Austin. Il capitano sicuramente toccato più dalla loro storia che
dal premio in denaro decide di accettare, senza troppe domande,
subito dopo aver incassato l’anticipo per il viaggio.
mercoledì 12 novembre 2014
Il passato che ritorna
A
svelare l’identità dell’uomo ben vestito sono proprio,
riconoscendolo come uno dei professori del circolo universitario
americano, famoso per i suoi studi a stretto contatto con l’esercito.
Mentre mille domande vengono ad aggiungersi alla più scontata sul
perché si trovino qui e in questo stato, a distrarci intervengono
dei colpi di pistola da dietro una collina. Dato che i sudisti di
Turbol potrebbero trovarsi nelle vicinanze e magari attaccarci
decidiamo con cautela di investigare su quanto sta accadendo e
infatti troviamo sudisti sì, ma intenti di un altro scontro a fuoco.
La miglior mossa che viene in mente al gruppo è di fermare lo
scontro per capire cosa accade, sono presenti tre soldati sudisti con
un cadavere su un cavallo e altri tre, forse operai, ribattere al
fuoco dalle vicinanze di un impianto per il trattamento del carbone.
Doc finalmente si sveglia e il suo aiuto è fondamentale per
risolvere la questione azzittendo per sempre in pochi colpi i sudisti
e così ancora una volta posso mostrare le mie abilità interrogando
gli italiani. Ci raccontano non senza qualche difficoltà che i
soldati sono comparsi accusandoli senza alcun motivo apparente di
aver assassinato il loro amico e che non era la prima volta che
accadeva una cosa simile. La situazione si fa sempre meno chiara,
decidiamo così di avviarci alla vicina Ruper City per riposo e fare
il punto della situazione, unico appunto Brett ci fa presente che non
ha intenzione di farsi vedere troppo dallo sceriffo, immagino subito
abbia problemi con la legge, ma se Carter si fida di lui è
sottinteso che dovremmo farlo anche noi. Ruper City è una città di
non grosse dimensioni ma molto vitale, è la nostra prima tappa è
come al solito il saloon per sistemarci per la notte. Ognuno però
entra in città con diverse aspettative, Brett sembra proprio essere
un giocatore d’azzardo intenzionato a far fruttare i suoi dollari,
Doc come sempre intenzionato a bere, Jackson a trovare una
sistemazione per la sua inutile croce mentre gli proprio riposare.
Veniamo però spiazzati alla richiesta di consegna delle armi
all’ingresso del saloon, secondo le direttive dello sceriffo per
evitare problemi all’interno. Brett ed io siamo ansiosi di entrare,
in particolare per la continuazione dei miei studi sociali sulle
personalità femminili locali, così consegniamo le armi e entriamo.
sabato 8 novembre 2014
Le vie del Signore sono... finite

Stavo vagando, con il mio compare di
viaggio Bret, là dove ci conducevano i cavalli, nella consapevolezza
che non c'è contrada che non abbisogni della Parola del Signore, ed
io sono pronto a portarla, con le buone o con le cattive. In fondo,
anche Carlo Magno massacrò migliaia di Sassoni pagani impenitenti al
pio fine di convertire i superstiti, e ancora dobbiamo rendere grazie
a tale opera meritoria. I miei strumenti non dovranno essere da meno.
In attesa della conversione, del resto, è Bret a occuparsi del
punire i peccatori, spennandoli al gioco d'azzardo.
Incontrammo così, per caso, un
composito gruppo che pareva ben altro da una squadra di tutori della
legge, ma piuttosto una sorta di accolita di vagabondi. Mi sarei
limitato a concedere loro qualche biblico ammaestramento, ma Bret si
lanciò praticamente fra le braccia del meno indecoroso dei
viandanti, dal contegno nobile: erano stati commilitoni durante la
guerra di Secessione. Carter, questo il nome del tale, che una stella
rivelava come US Marshall, lo invitò ad aggregarsi al suo gruppo, ed
io non ebbi nulla da ridire. Mi sembravano tutti molto bisognosi di
una giuda spirituale: il gigantesco indiano Toro Scatenato che
asserisce di comunicare con gli Spiriti, ma nemmeno sembra sapere
della venuta del Messia; il folle Lombroso, che ripone scioccamente
più fiducia nella scienza moderna che nei testi dettati da Dio in
persona alcuni millenni fa; il peccatore Doc, pistolero alcolizzato,
che viaggia su una sorta di branda che lascia trascinare dal suo
cavallo, a simboleggiare come siano gli istinti bestiali, e non la
Fede né il raziocinio, a guidarlo.
Forse Egli vuole mettermi alla prova, o
forse vuole concedermi la possibilità di convertire una siffatta
turba, oppure ancora Egli vuole, pure attraverso il male, operare il
bene, a Sua maggior gloria.
Io, non posso che rimettermi alla Sua
volontà.
domenica 2 novembre 2014
Due non troppo nuove conoscenze

domenica 26 ottobre 2014
Finale e perplessità...
Il
castillo, Luglio, 22, 1880. Ci ricongiungiamo con il maggiore Variera
davanti alla fortezza, osservando l’artiglieria che l’esercito ha
portato con se intuisco che la battaglia sarà breve, aggiorniamo il
comandante e lui dopo essersi congratulato con noi, si offre di farci
partecipare attivamente. Ogni speranza di accordo pacifico decade
quando uno degli indios colpisce l’uomo con la bandiera bianca,
questo si rivela una fortuna e Carter ha l’occasione di vendicare
la sua gamba. In pochi minuti la fortezza è caduta e gli uomini di
Tulac cercano di sfollare come meglio possono. Mentre i soldati li
atterrano uno per uno, urlano e scalciano, riuscendo a capire solo
“Tulac è morto, fuggiamo.” Infatti troviamo il loro capo
suicida, nell’immensa sala del trono della fortezza, luogo
imponente e magnifico, che però non presente alcuna traccia di
Mescal, che a quanto pare è fuggito insieme alla gran parte delle
informazioni di quanto accadeva qui. Ci salutiamo così con rispetto
dal maggiore Variera che si è rivelato d’onore e grande alleato.
La strada per l’America scorre in fretta, con una piccola tappa
presso Al Cisbani per ringraziarlo del prezioso aiuto e assicurargli
che potrà dormire sonni tranquilli. Si conclude così anche
quest’avventura piena di violenza e ambizioni, ma so per certo che
la vera missione non è ancora finita, Mescal è sicuramente alleato
di qualche forza maggiore? Dove avrebbe attaccato Tulac? Questi e
altri dubbi affollano i miei pensieri mentre attraversiamo il
confine.
Difesa disperata
Sono
momenti concitati, ma mettere in difficoltà quell’uomo è
relativamente semplice ed egli per non lasciarsi catturare preferisce
morire nel suo stesso enorme calderone. La sfida è vinta, ma questa
volta il prezzo è ancora più alto, il capitano Carter è rimasto
infatti ferito ad un gamba con un dardo, immediatamente grazie alle
mie conoscenze di medicina riesco purtroppo a salvargli solo la vita,
ma non la gamba. La nostra attenzione è richiamata dagli spari in
alto che lasciano poco tempo per preoccuparci delle nostri condizioni
di salute, corriamo verso l’alto e Doc è impegnato in un altro
scontro a fuoco. La battaglia è convulsa provo a essere d’aiuto
più che posso, sia io che l’aquila di Toro, riusciamo a essere
poco utili, e la situazione è dura, finché non riesco a scorgere
che altri uomini che compaiono dietro di noi dalle caverne, che ci
sia un altro ingresso? Dobbiamo scoprirlo. Ancora una volta in
battaglia, viene provato il valore del nostro gruppo, stiamo quasi
per avere la meglio, quando lo scontro si interrompe al suono della
tromba della cavalleria che viene in nostro soccorso, è un
distaccamento del maggiore, che dopo aver messo in fuga i banditi si
offre di scortarci al castillo.
domenica 19 ottobre 2014
Dentro la montagna
La
valle dei giganti, Luglio, 21, 1880.

martedì 14 ottobre 2014
La valle dei giganti
Nei
pressi della valle dei giganti, Luglio, 20, 1880. Il risveglio ci
coglie di sorpresa con un’inaspettata cavalleria al galoppo, la
prudenza è sempre stata nostra amica, quindi cerchiamo di stabilire
un veloce piano di azione, ma nel mentre notiamo che i cavalli sono
vicini proprio alla nostra abitazione e che è troppo tardi per
gestire un piano in quanto una voce ci intima di uscire. Varchiamo la
soglia con le mani ben in alto e tiriamo un sospiro di sollievo
quando notiamo che si tratta dell’esercito messicano, quindi,
teoricamente, nostri alleati. Il maggiore Variera si presenta con
tono formale ma amichevole, e scopriamo che la fama di Carter arriva
anche qui, possiamo quindi sederci intorno al fuoco per analizzare la
questione. Il maggiore e il tenente Mendez ci ragguagliano sullo
stato della situazione, e soprattutto sul fatto che non è Tulac,
l’unico problema, ma anche il messicano Mescal, e principalmente la
loro alleanza in questo particolare affare dei fucili. Tulac e suoi
alleati sono barricati al Castillo, una piccola fortezza a ovest di
qui, non troppo distante dalla valle dei giganti. Carter e Variera
convengono che il miglior piano d’azione altri non può essere che:
il nostro piccolo gruppo, perpetrerà un indagine nella valle per poi
riunirsi all’esercito, dopo due giorni, al Castillo per l’assalto
finale ai banditi. Ci salutiamo con tutti i convenevoli del caso e
partiamo diretti verso la zona paludosa che precede la valle, ma
l’imprevisto è sempre dietro l’angolo, ci imbattiamo infatti,
non visti, in tre banditi che stavano perquisendo quello che sembrava
essere un cadavere. Per i miei fidi compagni è facile avere la
meglio dei tre banditi, due a terra è uno è subito preda del nostro
gigantesco indiano. Emiliano, il bandito, parla, senza troppo sforzo,
il cadavere è di un servo fuggito dalla fortezza, era stato
inseguito per evitare trapelassero informazioni, ma a quanto pare il
problema non è stato arginato. Il nostro prigioniero aggiunge che
nella valle hanno stabilito un piccolo insediamento per il
rifornimento di veleno. Consci che la nostra missione diventa sempre
più chiara ci avventuriamo nel terreno paludoso, non prima di avere
augurato un buon viaggio a Emiliano nel deserto. La palude è davvero
inospitale e ogni movimento è faticoso, siamo talmente concentrati
ad avanzare che non ci accorgiamo dell’ennesimo attacco degli
indios, la lotta è serrata, ma anche qui riusciamo a sopravvivere,
pagando il però il prezzo della morte di due dei nostri cavalli.
Giungiamo quindi nella valle, essa è recintata da immense
costruzioni di pietra, che nonostante tutto non posso non apprezzare,
la valle è pregna di fumi e gas emanati dal terreno che rendono
pessima la visuale e la nascondo ad occhi indiscreti e per chi non sa
dove passare. E’ infatti difficile anche accorgersi che è
sopraggiunta la notte, ma decidiamo lo stesso, con serrati turni di
guardia, di riposare.
sabato 11 ottobre 2014
Verso la valle dei giganti

mercoledì 8 ottobre 2014
Al Cisbani

sabato 4 ottobre 2014
Verso il Messico

martedì 30 settembre 2014
Spari e acqua
Troviamo
infatti Toro e Doc davanti al saloon che stanno aggiornando lo
sceriffo di quanto accaduto e si trovano ben sorpresi di vederci
arrivare. Dal farfugliare di Rhodes lo sceriffo capisce subito che
quello che è accaduto non torna, e capisce dalle imprecazioni di
Carter, che chiudere al sicuro il proprietario dell’emporio può
sicuramen
te non essere una cattiva idea, così lo affida al suo vice
per portarlo in cella. Ci ritroviamo tutti cosi al saloon per
festeggiare un altro caso, che comunque pare risolto, e io non posso
fare a meno di domandarmi come sia possibile che degli imprenditori
come Rhodes e Bradford siano caduti vittime della superstizione,
Pablito, ovunque egli sia è semplicemente un farabutto. Siamo in
tarda serata e sono passate alcune ore ormai quando sentiamo grida
provenire dalla strada. Ci raggiungono il vice e lo sceriffo
raccontandoci che stavano scortando indietro Rhodes perché aveva
mostrato la volontà di raccontare ancora particolari quando sono
stati aggrediti, e Rhodes ha perso la vita come tutti gli altri,
mummificato. Cerchiamo di collegare come gestire quanto successo
quando, i più svelti di occhio notato una figura misteriosa in uno
scorcio poco illuminato della strada, e i più svelti con la pistola
colpiscono. Troviamo subito tracce di sangue, che si allontanano, non
può essere altri che Pablito, parte l’inseguimento. Carter balza
subito davanti, seguito da Toro e Doc. Fatico a tenere il loro passo
è solo poco tempo che mi sono riscoperto uomo d’azione, ogni
occasione durante il tragitto è buona per i miei compagni per
tentare un altro colpo di pistola. La notte è sempre più buia
mentre arriviamo nei pressi del fiume, le ore che seguono sono
riassumibili con poche parole, spari e acqua. Carter tenta
l’inseguimento in acqua, tentiamo di supportarlo alla meglio, ma la
situazione è frenetica, Pablito quasi inumano, tantoché riesce a
guadare il fiume. Il nostro gruppo arrivato dall’altra parte della
riva riesce solo a scorgere un cavallo dietro la collina che si
allontana e constare che ormai è ora di tornare indietro, sconfitti.
domenica 28 settembre 2014
False testimonianze
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venerdì 26 settembre 2014
Il cadavere mummificato

domenica 21 settembre 2014
Arizona City

mercoledì 17 settembre 2014
Partita a Poker

giovedì 11 settembre 2014
Tombstone

domenica 7 settembre 2014
La fine o l'inizio?
In
seguito questo è quanto ricostruii grazie ai racconti dei miei
compagni di quanto era accaduto nella miniera, unito al mio
successivo sopralluogo. Carter, Doc e Persino l’indiano hanno
dimostrato il loro valore addentrandosi nella miniera combattendo con
quelli che sembrarono a prima vista una sorta di cadaveri rianimati
scientificamente, però a poco è servito il loro tentativo di
inseguire il responsabile che a quanto pare
si trovava nella miniera
proprio in quel frangente. Pare che dietro tutto ci sia il mio
vecchio compagno di università Victor, che nella miniera utilizzava
i corpi dei minatori per una sorta di esperimento, dai suoi studi, ho
potuto ricavare solamente che la formula che utilizzava era stata
scoperta insieme ad antichi resti indiani. Antichità indiane che
raccontavano una storia quanto mai curiosa. Secoli or sono degli
esseri arrivati dalle stelle attaccarono le tribù del luogo, che
riuscirono a ricacciarli con l’aiuto di cinque valorosi capi.
Ovviamente stiamo parlando di allucinazioni dovute al fumo dei
selvaggi, ma di concreto c’è che i cinque corpi erano qui presenti
e sono proprio quelli di cui si sono appropriati i teschi.Carter e gli altri dopo aver perso le tracce del colpevole, si ricongiungono a me solo per fuggire in fretta verso la città, per cercare di capire di più sulle possibili implicazioni nella comunità stessa. Nessuno di noi vuol parlare più del dovuto di quanto accaduto e visto nella miniera la tensione palpabile viene rotta dall’arrivo di Matt che ci svela quello che potevamo già intuire. Il colonnello dell’avamposto militare ci ha fatti seguire e tenere d’occhio fin dal nostro arrivo e ora sta cercando di farsi consegnare un mandato per arrestarci, come minimo.
La nostro ultima tappa in città e presso lo sceriffo per metterlo al corrente dello stretto indispensabile e per ragguagliarlo sulla fine del povero Jacky. La situazione è tesa e subito dopo il rapporto di Carter per telegrafo, siamo tutti d’accordo per partire alla volta della vicina Tombstone, come unico indizio presente sulle carte di Victor, c’entreranno davvero i teschi? E l’inizio di un avventura o di un incubo?
domenica 31 agosto 2014
Dentro la miniera...

sabato 23 agosto 2014
I magnifici 4
Durante
il turno di Doc non riesco a dormire, lo vedo quasi più sveglio del
solito, sarà la mancanza d’alcool? Tocca finalmente a me, penso
che sono di nuovo pronto a dimostrare il mio valore in questa
spedizione, quando comincio distintamente a sentire rumori da dietro
un arbusto. Non voglio rischiare di non essere all’altezza della
situazione così, con tutta il rispetto e la delicatezza, sveglio il
capitano e lo metto al corrente di quanto accade; sfortunatamente si
tratta solo di un paio di coyote attirati dal tenue fuoco, il
capitano allontana loro e poi me, prima di ricoricarsi nel giaciglio.
La nottata prosegue senza troppe distrazione, a parte l’assurdo e
fastidio canto di Toro, di cui solo Doc pare trovare giovamento.
Nei
pressi della miniera d’argento, Giugno, 13, 1880.
Rinfrancati dalla notte di riposo saliamo in groppa ai cavalli decisi a scoprire cosa accade davvero nei dintorni, e grazie al mio colpo d’occhio viene a galla l’ennesima stranezza. Una serie di tracce, come di ruote, quei segni che potrebbero essere proprio delle diligenza scomparsa, decidiamo di approfondire lasciando la strada principale verso la miniera e ci ritroviamo all’interno di canyon con quello che rimane del carro che aveva lasciato i segni. E’ strano molto strano quello che troviamo, nessuna traccia visibile, nessuna stranezza un carro semidistrutto e abbandonato da tempo, solo casse vuote con la bandiera americana e nulla di più, forse l’ennesimo punto cieco? Dopo la scoperta del carro distrutto diventa obbligatorio indagare sulla pila di corpi che avevamo scoperto il giorno prima.
E’ una strage una dozzina piena di morti, messicani, e ancora le casse d’armi, il collegamento diventa semplice, contrabbando e un imboscata, questi avanzi di galera, si sono fatti la pelle a vicenda, continuo a essere stupido della stupidità di questi banditi. Cerchiamo indizi, nonostante i canti lamentosi del nostro indiano, è quello che notiamo sono bossoli infilati nella bocca delle vittime, una firma? Sono completamente d’accordo col capitano Carter quando fa notare quanto sia trafficato questo piccolo angolo di nulla.
Così completamente all’oscuro di quando accade ritorniamo sulla strada principale pronti per dirigerci alla miniera, ma nuovamente qualcosa di strano canalizza la nostra attenzione, troviamo quella che sembra essere senza ombra di dubbio la diligenza partita dalla miniera, insieme al cadavere del povero Jacky. Ecco però che questa volta notiamo indizi significanti e cioè: la diligenza trasportava qualcosa di diverso da un carico d’argento o d’oro i segni del peso lo indicano chiaramente, non ci sono segni di scorta alla carrozza e infine Jacky presenta lo stesso rituale dei messicani, ma con un una particolarità, il bossolo nella bocca è lo stesso dell’arma che l’ha colpito alle spalle. In che terribile angolo di mondo siamo finiti? E’ questa la domanda che continuammo a ripeterci mentre ci affrettavamo, nell’unico posto dove speravamo di trovare risposte.
Rinfrancati dalla notte di riposo saliamo in groppa ai cavalli decisi a scoprire cosa accade davvero nei dintorni, e grazie al mio colpo d’occhio viene a galla l’ennesima stranezza. Una serie di tracce, come di ruote, quei segni che potrebbero essere proprio delle diligenza scomparsa, decidiamo di approfondire lasciando la strada principale verso la miniera e ci ritroviamo all’interno di canyon con quello che rimane del carro che aveva lasciato i segni. E’ strano molto strano quello che troviamo, nessuna traccia visibile, nessuna stranezza un carro semidistrutto e abbandonato da tempo, solo casse vuote con la bandiera americana e nulla di più, forse l’ennesimo punto cieco? Dopo la scoperta del carro distrutto diventa obbligatorio indagare sulla pila di corpi che avevamo scoperto il giorno prima.
E’ una strage una dozzina piena di morti, messicani, e ancora le casse d’armi, il collegamento diventa semplice, contrabbando e un imboscata, questi avanzi di galera, si sono fatti la pelle a vicenda, continuo a essere stupido della stupidità di questi banditi. Cerchiamo indizi, nonostante i canti lamentosi del nostro indiano, è quello che notiamo sono bossoli infilati nella bocca delle vittime, una firma? Sono completamente d’accordo col capitano Carter quando fa notare quanto sia trafficato questo piccolo angolo di nulla.
Così completamente all’oscuro di quando accade ritorniamo sulla strada principale pronti per dirigerci alla miniera, ma nuovamente qualcosa di strano canalizza la nostra attenzione, troviamo quella che sembra essere senza ombra di dubbio la diligenza partita dalla miniera, insieme al cadavere del povero Jacky. Ecco però che questa volta notiamo indizi significanti e cioè: la diligenza trasportava qualcosa di diverso da un carico d’argento o d’oro i segni del peso lo indicano chiaramente, non ci sono segni di scorta alla carrozza e infine Jacky presenta lo stesso rituale dei messicani, ma con un una particolarità, il bossolo nella bocca è lo stesso dell’arma che l’ha colpito alle spalle. In che terribile angolo di mondo siamo finiti? E’ questa la domanda che continuammo a ripeterci mentre ci affrettavamo, nell’unico posto dove speravamo di trovare risposte.
venerdì 15 agosto 2014
Per un pugno di dollari...

Cavalchiamo ancora per qualche ora, finché poco prima che cominci a fare buio, l’indiano grazie alla sua vista sviluppata, riesce a notare quello che sembra il teatro di un massacro poco distante, annunciato dal gran numero di avvoltoi che gli volano intorno; il Capitano suggerisce con il suo solito tatto, che sarà meglio per noi occuparcene l’indomani dopo aver riposato. Mentre mille domande affollano il gruppo, sorseggiamo altro caffè, prima di decidere i turni di guardia, Doc, impaziente e irruente come al solito, sarà il primo, io avrò l’onore di essere secondo, poi il capitano Carter e infine il selvaggio. Vengo istruito su come condurre un turno di guardia, di come non dovrei né scrivere, né leggere, per mantenere alta la concentrazione, ma ciò che è accaduto fin ora, è troppo interessante per non essere documentato.
mercoledì 6 agosto 2014
Quello che gli indiani pensano...

venerdì 1 agosto 2014
Il capitano John Carter
Dannati
yankees, non sono contenti di aver distrutto il mio stato, di avermi
rubato tutto: i miei soldi, le mie terre, il mio modo di vivere. Non
gli è bastato avermi fatto scappare fin quaggiù, in questo deserto
maledetto da dio e disprezzato dagli uomini. Speravo che andando
abbastanza a sud avrei potuto rifarmi una vita tranquilla e senza
troppe ingerenze da parte di quei maneggioni, ma no! Anche se ho
accettato di lavorare per loro e di far rispettare la loro legge non
è abbastanza! Mi hanno anche mandato un cucciolotto a cui
badare, uno smidollato studioso che pensa di poter dare ordini ai
miei compagni e addirittura a me, quando anche una falange del
mignolo di uno qualsiasi di noi vale dieci cuccioli arroganti come
lui. Cercherò di tenere a freno Doc, che è forse il più nervoso di
noi, almeno finché il cucciolo non capirà che questo non è il suo
mondo, qua non ci sono zii o altri parenti che ti spianano la strada,
qua si paga in prima persona: o sai comportarti come si deve o devi
aspettarti che qualcuno ti presenti prima o poi il conto. Che poi mi
abbiano mandato tra i piedi questo impiastro nel bel mezzo di un caso
rischioso mi fa ancora più imbestialire: siamo solo in tre e sembra
che dovremo vedercela con almeno una ventina di brutti ceffi. Se non
si da una regolata penso che lo useremo come esca per i nostri
avversari ...
Fortunatamente
ho con me il buon Doc e il fido Toro Scatenato: compagni che sanno
come si sta al mondo e come ci si comporta in questo angolo di nulla.
In questi anni ci siamo reciprocamente aiutati e soccorsi, con
rispetto e anche, perché no, con affetto: ciascuno con il proprio
compito e le proprie caratteristiche.
Chissà, forse anche il cucciolo potrà avere una qualche utilità: alcune delle sue osservazioni sono state interessanti. Se imparerà a non starci tra i piedi quando le cose si fanno calde, a evitare di dare ordini assurdi a sproposito e, soprattutto, a pensare di essere un padreterno perché la sua famiglia è importante forse riuscirà a tornare a casa intero e senza troppi danni. Pare che non abbia proprio capito come funzionano le cose qua al confine: le pallottole sono la cosa più a buon mercato e lo spazio per far sparire qualcuno non manca certo; vedremo come evolverà la cosa, certo che se non comincia ad avere un po' di rispetto per gli altri dovremo investire un po' di denaro in pallottole e un po' di tempo per nascondere il suo cadavere ...
Chissà, forse anche il cucciolo potrà avere una qualche utilità: alcune delle sue osservazioni sono state interessanti. Se imparerà a non starci tra i piedi quando le cose si fanno calde, a evitare di dare ordini assurdi a sproposito e, soprattutto, a pensare di essere un padreterno perché la sua famiglia è importante forse riuscirà a tornare a casa intero e senza troppi danni. Pare che non abbia proprio capito come funzionano le cose qua al confine: le pallottole sono la cosa più a buon mercato e lo spazio per far sparire qualcuno non manca certo; vedremo come evolverà la cosa, certo che se non comincia ad avere un po' di rispetto per gli altri dovremo investire un po' di denaro in pallottole e un po' di tempo per nascondere il suo cadavere ...
domenica 27 luglio 2014
Una banda di teppisti
Troviamo
il nero di prima, quasi circondato dai soldati del presidio militare,
mentre Toro Scatenato ci assicura che i cavalli sono sani e sono
stati trattati con il massimo della cura, Carter viene riconosciuto
dall’ufficiale del presidio, credo che siano riusciti a non a
mettere mano alle pistole solo per via della nostra fretta di
partire. Poco prima di andar via, dalla piazza, veniamo avvicinati
dalla segretaria di Marlon che ci ricorre per chiederci di tornare
ancora alla banca, allorché decido di accodarmi al capitano per
seguirlo e dimostrargli così di essere sempre pronto all’azione,
inaspettatamente, Carter fraintende le mie intenzioni fino mostrarmi
la pistola, la situazione sembra degenerare finché non viene
interrotta dall’arrivo di Marlon in persona. Il banchiere ci
confessa di non averci raccontato tutto, di averci nascosto, per
paura, che da un paio di giorni aspettava una diligenza con un ultimo
carico d’argento, carico mai arrivato; comincio a pensare che per
sospettare di lui non sia necessaria una laurea, infatti se ne
accorgono anche i miei compagni, che decidono di affrettare la
partenza.
Ci troviamo fuori dalla città, Toro Scatenato e Carter cercano tracce, Doc cerca altro whisky; ma in poco tempo siamo già lontani; il paesaggio è magnifico, il nulla a perdita d’occhio, le montagne sembrano abbracciarci, non capisco come mai i miei compagni non riescano a godersi il paesaggio. Poco prima di accamparci ai primi segni del tramonto, ricordo la maestosa carica di un gruppo di bufali, la mia scelta di partire è stata quanto mai saggia. Decido di preparare il caffè per tutti, umilmente, per porgere le mia scuse al fraintendimento col capitano, riesco a notare che l’indiano farfuglia strane parole e pare dormire, poco prima che riesca a fare domande, egli si riprende e ci comunica che saremmo circondati da banditi. Mi armo del mio nobile coraggio e della mia pistola, ma riesco solo a vedere Doc caricare le sue pistole, il capitano comincia per prima a fare parlare il piombo, mentre l’indiano sparisce per qualche minuto per tornare con il corpo di uno dei malfattori, credo che abbiamo vinto, e credo che la mia scelta di partire potrebbe aver avuto necessità di più riflessioni, quando noto che non sono riuscito a muovermi di un solo passo durante l’assalto.
Ci troviamo fuori dalla città, Toro Scatenato e Carter cercano tracce, Doc cerca altro whisky; ma in poco tempo siamo già lontani; il paesaggio è magnifico, il nulla a perdita d’occhio, le montagne sembrano abbracciarci, non capisco come mai i miei compagni non riescano a godersi il paesaggio. Poco prima di accamparci ai primi segni del tramonto, ricordo la maestosa carica di un gruppo di bufali, la mia scelta di partire è stata quanto mai saggia. Decido di preparare il caffè per tutti, umilmente, per porgere le mia scuse al fraintendimento col capitano, riesco a notare che l’indiano farfuglia strane parole e pare dormire, poco prima che riesca a fare domande, egli si riprende e ci comunica che saremmo circondati da banditi. Mi armo del mio nobile coraggio e della mia pistola, ma riesco solo a vedere Doc caricare le sue pistole, il capitano comincia per prima a fare parlare il piombo, mentre l’indiano sparisce per qualche minuto per tornare con il corpo di uno dei malfattori, credo che abbiamo vinto, e credo che la mia scelta di partire potrebbe aver avuto necessità di più riflessioni, quando noto che non sono riuscito a muovermi di un solo passo durante l’assalto.
mercoledì 23 luglio 2014
Puzza di bruciato
Lo
sceriffo Banner si presenta come rozzo uomo di legge, quale è
evidentemente essere, accanto a lui, uno suoi vice, Kurt. Banner ci
invita nella sua baracca, lì grazie alla confidenza che sembra
esserci col capitano Carter, acquisiamo molte informazioni utili, che
spiccano tra l’ovvia disastrosa situazione economica della città.
A catturare la mia attenzione è il nome del sindaco nonché
proprietario della banca e della miniera, il signor Marlon, nome che
credo di aver già sentito anche se non ricordo dove, dovrò
approfondire, secondario per me è invece la sparizione dell’altro
vice dello sceriffo, Jacky.
Dopo aver salutato con pochi convenevoli, riesco a far valere la mia opinione indicando come prossima tappa, la banca di Marlon. Definire banca quel piccolo edificio è un insulto alle vere banche della grande città, ma se così deve essere… La segretaria di Marlon da dietro lo sportello rimane un po’ stupita dal nostro arrivo, e con la sua solita “cordialità” il capitano Carter le intima di annunciarci a Marlon. Noto subito che Marlon può definirsi aristocratico, solo in quanto arricchito, spiacevole, ma comunque notevole. Ci racconta, molto, forse troppo, che è praticamente proprietario di tutta la città, che la miniera è veramente esaurita, ma che non ha informazioni dai suoi impiegati da giorni, e inoltra si lamenta degli aiuti statali, in particolar modo dello zio, molto spiacevole, sarò costretto a riferire. Ci congediamo dopo che mi sono premunito di raccogliere un’autorizzazione dal signor Marlon per entrare in miniera ed eliminare le probabili seccature a venire. A differenza di quanto annunciato al signor Marlon, Carter sostiene che sarebbe meglio partire subito, per sviare i sospetti, dice, quindi ci dirigiamo dal maniscalco per i cavalli.
sabato 19 luglio 2014
In città
Arriviamo
finalmente, nelle prime ore della mattinata in quella che i locali
definiscono città, è un luogo scarno e spoglio, come in tutti i
“villaggi” di questa zona l’unico edificio davvero imponente è
la casa del piacere, tutti i uguali i popolani. Mentre ci avviciniamo
alla piazza, un nero ci sia avvicina con fare convinto, si dichiara
il maniscalco della città, i miei compagni decidono di fidarsi di
lui a istinto, io decido di farlo perché i lineamenti del suo volto
mi raccontano una storia, è un uomo semplice, ma anche affidabile;
decidiamo così di lasciargli i nostri cavalli da accudire. Sotto mio
cauto consiglio ci dirigiamo al saloon per trovare un luogo ove poter
riassettare il materiale, anche se le priorità dei miei compagni
sono ben diverse; per esempio Doc, sostiene di aver una gran sete,
come se non bevesse da ore, eppure mentre lo dice sta appena finendo
di sorseggiare il suo ultimo goccio dalla fiaschetta. Il capitano
Carter sostiene che fra le nostre priorità dovrebbe esserci il
bagno, lodevole, ma i libri dovrebbero essere più importanti;
curioso il fatto che veniamo avvicinati da uno sporco, letteralmente,
ubriacone, mentre contrattavamo col barista per le camere.
L’uomo, che scopriamo chiamarsi Joseph, attira i pensieri del capitano Carter, citando la miniera nei suoi vaneggiamenti. La miniera d’argento ha fatto per qualche tempo la fortuna della città, attirando lavoratori e donando un minimo di benessere ai suoi abitanti, ma da tempo il filone si è esaurito, lasciando la Rose Town nella povertà e nello sconforto, ma ora tra le parole senza senso e i racconti sconclusionati di Joseph, si parla di miniera e nuovo filone d’oro. Joseph è un povero disgraziato, non ho nemmeno perso tempo a esaminarlo, ma Carter sostiene che pagargli da bere per farlo vaneggiare possa essere utile, almeno finché non diventa del tutto incomprensibile.
L’uomo, che scopriamo chiamarsi Joseph, attira i pensieri del capitano Carter, citando la miniera nei suoi vaneggiamenti. La miniera d’argento ha fatto per qualche tempo la fortuna della città, attirando lavoratori e donando un minimo di benessere ai suoi abitanti, ma da tempo il filone si è esaurito, lasciando la Rose Town nella povertà e nello sconforto, ma ora tra le parole senza senso e i racconti sconclusionati di Joseph, si parla di miniera e nuovo filone d’oro. Joseph è un povero disgraziato, non ho nemmeno perso tempo a esaminarlo, ma Carter sostiene che pagargli da bere per farlo vaneggiare possa essere utile, almeno finché non diventa del tutto incomprensibile.

Lungo le vie del West

Nei pressi di Rose Town, Giugno, 12, 1880.
Ormai sono sempre più convinto, che aver finalmente varcato la soglia della magione familiare in cerca dell’avventura sia stata un’ottima scelta. Il mio saggio padre non n’è ancora convito a giudicare dalle lettere che riescono a giungermi, ma da quando lo zio, da noi in visita in Europa, mi ha proposto di aggregarmi alla spedizione del capitano John Carter, finalmente sento di affrontare una sfida adatta alle mie capacità.
Dalla partenza da Dallas, è passato più di un mese, e ho potuto approfondire la conoscenza dei miei compagni di viaggio, un gruppo pittoresco senza di dubbio, chissà se troveremo l’avventura o solo guai. Il giovane Doc Holiday per esempio, è un volenteroso, ma sembra sempre più interessato ai piaceri dell’alcool a dispetto dell’azione. L’indiano, invece di cui non ricordo a stento il nome, credo Toro in corsa, Toro Scatenato qualcosa del genere, ha un fisico possente, ma credo sia normale per una razza selvaggia come la sua; i suoi canti alla luna hanno qualcosa di quanto assurdo quanto primitivo, devo trovare il tempo per studiarlo. Il capitano Carter è stata una sorpresa, lo credevo un valoroso cavaliere, come quelli di cui si favoleggia nei nostri salotti europei, invece è un uomo rude e pratico, tutt’ora nutro dei dubbi sull’approccio per portargli rispetto ma allo stesso tempo per far valere il mio rango.
Dalle informazioni preliminari per la stesura del mio libro sulle variopinte personalità di questo “selvaggio west”, ho estratto alcuni rapporti che potrebbero esserci utili. Rose Town è una cittadina che ha contato fino a duecento abitanti, ora si ritrova con poco più di ottanta anime che vivono lì; la miniera di argento, fulcro dell’economia cittadina è in esaurimento, o almeno queste sono le voci. La città è inoltre infestata da due bande di rivali di fuorilegge che si contendono ovviamente il territorio, dato che non è visibile o intuibile alcunché tipo di ricchezza. Gli scuoiatori, così si fanno chiamare i disgraziati al seguito di Jack Thompson; uomo curioso, si vocifera abbia una predilezione per i coltelli, sono tanto intenzionato a interrogarlo, quanto il capitano Carter a incassarne la taglia che ammonta alla significativa somma di cinquecento dollari da vivo e cento da morto. La mia più grande curiosità invece è dovuta al signor Peter Mayer, soprannominato da alcuni “Pete, la Iena”, personaggio atipico, a partire dal fatto che il governo lo desidera vivo a tutti i costi data l’impressionante cifra di millecinquecento dollari che ha fatto brillare gli occhi della maggior parte dei miei compagni; inoltre egli è il leader dei terribili Hamilton, chissà se incroceremo le loro strade.
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