Il
castillo, Luglio, 22, 1880. Ci ricongiungiamo con il maggiore Variera
davanti alla fortezza, osservando l’artiglieria che l’esercito ha
portato con se intuisco che la battaglia sarà breve, aggiorniamo il
comandante e lui dopo essersi congratulato con noi, si offre di farci
partecipare attivamente. Ogni speranza di accordo pacifico decade
quando uno degli indios colpisce l’uomo con la bandiera bianca,
questo si rivela una fortuna e Carter ha l’occasione di vendicare
la sua gamba. In pochi minuti la fortezza è caduta e gli uomini di
Tulac cercano di sfollare come meglio possono. Mentre i soldati li
atterrano uno per uno, urlano e scalciano, riuscendo a capire solo
“Tulac è morto, fuggiamo.” Infatti troviamo il loro capo
suicida, nell’immensa sala del trono della fortezza, luogo
imponente e magnifico, che però non presente alcuna traccia di
Mescal, che a quanto pare è fuggito insieme alla gran parte delle
informazioni di quanto accadeva qui. Ci salutiamo così con rispetto
dal maggiore Variera che si è rivelato d’onore e grande alleato.
La strada per l’America scorre in fretta, con una piccola tappa
presso Al Cisbani per ringraziarlo del prezioso aiuto e assicurargli
che potrà dormire sonni tranquilli. Si conclude così anche
quest’avventura piena di violenza e ambizioni, ma so per certo che
la vera missione non è ancora finita, Mescal è sicuramente alleato
di qualche forza maggiore? Dove avrebbe attaccato Tulac? Questi e
altri dubbi affollano i miei pensieri mentre attraversiamo il
confine.
domenica 26 ottobre 2014
Difesa disperata
Sono
momenti concitati, ma mettere in difficoltà quell’uomo è
relativamente semplice ed egli per non lasciarsi catturare preferisce
morire nel suo stesso enorme calderone. La sfida è vinta, ma questa
volta il prezzo è ancora più alto, il capitano Carter è rimasto
infatti ferito ad un gamba con un dardo, immediatamente grazie alle
mie conoscenze di medicina riesco purtroppo a salvargli solo la vita,
ma non la gamba. La nostra attenzione è richiamata dagli spari in
alto che lasciano poco tempo per preoccuparci delle nostri condizioni
di salute, corriamo verso l’alto e Doc è impegnato in un altro
scontro a fuoco. La battaglia è convulsa provo a essere d’aiuto
più che posso, sia io che l’aquila di Toro, riusciamo a essere
poco utili, e la situazione è dura, finché non riesco a scorgere
che altri uomini che compaiono dietro di noi dalle caverne, che ci
sia un altro ingresso? Dobbiamo scoprirlo. Ancora una volta in
battaglia, viene provato il valore del nostro gruppo, stiamo quasi
per avere la meglio, quando lo scontro si interrompe al suono della
tromba della cavalleria che viene in nostro soccorso, è un
distaccamento del maggiore, che dopo aver messo in fuga i banditi si
offre di scortarci al castillo.
domenica 19 ottobre 2014
Dentro la montagna
La
valle dei giganti, Luglio, 21, 1880.
Poco dopo l’inizio del mio
turno di guarda scorgo tra i fumi, quello che sembra essere un uomo
vestito in maniera appariscente, il quale ci osservava dall’ingresso
di una caverna, ma nonostante uno sguardo più accurato dell’indiano,
archivio il tutto come una visione. E’ ora di analizzare la scena,
dalle ricostruzioni, anche qui il movimento di carri, cavalli e casse
lascia presupporre che c’è stato il ritiro del veleno, che sembra
proprio arrivare dalla caverna che avevo notato in nottata. E’ ora
quindi di fare il punto della situazione, i miei compagni convengono
che sarebbe il caso di abbandonare la zona, in quanto troppo
pericoloso avvicinarsi, ma questo per me si rivela invece il momento
per dimostrarmi fondamentale, posso infatti sgattaiolare senza
problemi verso il fondo della valle, essendo il più minuto del
gruppo. Carter inizialmente boccia la mia idea di intrufolarmi, ma
notando quanto io creda nel risultato della missione, riformuliamo
subito un piano d’azione. Il capitano da una piccola altura,
provvederà a coprirci, mentre io farò strada a Toro e Doc
attraverso i fumi, fino ad avvicinarci alla caverna, per poter
svelare il mistero dell’uomo incappucciato. Purtroppo è la mia
sicurezza a tradirmi, in poco tempo perdo l’orientamento per essere
ancora una volta aiutato da Toro a ritrovare l’ingresso; dovrò
davvero ricordarmi di esaminare le sue differenze razziali, egli è
davvero una sorpresa fra la sua razza. In pochi minuti Carter ci
raggiunge, Doc si offre per controllare l’ingresso e noi tre
rimanenti ci apprestiamo a discendere nella caverna, l’odore è
nauseabondo e la vita pessima, ma non è abbastanza a fermarci. Con
tutta l’attenzione del caso ci addentriamo nella caverna fino
all’anfratto principale, ciò che vediamo è sconvolgente. L’uomo
incappucciato esiste ed è impegnato a rimescolare in grosso
calderone, parti di piccoli cristalli, senza alcun dubbio il veleno
mummificante. Quell’animale va fermato, comincia così senza tanti
complimenti una furiosa battaglia, il nostro avversario infatti
accortosi di noi, attiva una sorta di trappola che ci scaglia addosso
un gruppo di pipistrelli per impedire la vista e la mira, mentre egli
attacca col veleno.
martedì 14 ottobre 2014
La valle dei giganti
Nei
pressi della valle dei giganti, Luglio, 20, 1880. Il risveglio ci
coglie di sorpresa con un’inaspettata cavalleria al galoppo, la
prudenza è sempre stata nostra amica, quindi cerchiamo di stabilire
un veloce piano di azione, ma nel mentre notiamo che i cavalli sono
vicini proprio alla nostra abitazione e che è troppo tardi per
gestire un piano in quanto una voce ci intima di uscire. Varchiamo la
soglia con le mani ben in alto e tiriamo un sospiro di sollievo
quando notiamo che si tratta dell’esercito messicano, quindi,
teoricamente, nostri alleati. Il maggiore Variera si presenta con
tono formale ma amichevole, e scopriamo che la fama di Carter arriva
anche qui, possiamo quindi sederci intorno al fuoco per analizzare la
questione. Il maggiore e il tenente Mendez ci ragguagliano sullo
stato della situazione, e soprattutto sul fatto che non è Tulac,
l’unico problema, ma anche il messicano Mescal, e principalmente la
loro alleanza in questo particolare affare dei fucili. Tulac e suoi
alleati sono barricati al Castillo, una piccola fortezza a ovest di
qui, non troppo distante dalla valle dei giganti. Carter e Variera
convengono che il miglior piano d’azione altri non può essere che:
il nostro piccolo gruppo, perpetrerà un indagine nella valle per poi
riunirsi all’esercito, dopo due giorni, al Castillo per l’assalto
finale ai banditi. Ci salutiamo con tutti i convenevoli del caso e
partiamo diretti verso la zona paludosa che precede la valle, ma
l’imprevisto è sempre dietro l’angolo, ci imbattiamo infatti,
non visti, in tre banditi che stavano perquisendo quello che sembrava
essere un cadavere. Per i miei fidi compagni è facile avere la
meglio dei tre banditi, due a terra è uno è subito preda del nostro
gigantesco indiano. Emiliano, il bandito, parla, senza troppo sforzo,
il cadavere è di un servo fuggito dalla fortezza, era stato
inseguito per evitare trapelassero informazioni, ma a quanto pare il
problema non è stato arginato. Il nostro prigioniero aggiunge che
nella valle hanno stabilito un piccolo insediamento per il
rifornimento di veleno. Consci che la nostra missione diventa sempre
più chiara ci avventuriamo nel terreno paludoso, non prima di avere
augurato un buon viaggio a Emiliano nel deserto. La palude è davvero
inospitale e ogni movimento è faticoso, siamo talmente concentrati
ad avanzare che non ci accorgiamo dell’ennesimo attacco degli
indios, la lotta è serrata, ma anche qui riusciamo a sopravvivere,
pagando il però il prezzo della morte di due dei nostri cavalli.
Giungiamo quindi nella valle, essa è recintata da immense
costruzioni di pietra, che nonostante tutto non posso non apprezzare,
la valle è pregna di fumi e gas emanati dal terreno che rendono
pessima la visuale e la nascondo ad occhi indiscreti e per chi non sa
dove passare. E’ infatti difficile anche accorgersi che è
sopraggiunta la notte, ma decidiamo lo stesso, con serrati turni di
guardia, di riposare.
sabato 11 ottobre 2014
Verso la valle dei giganti
Arizona
City, Luglio, 19, 1880. Ecco che ripartiamo, diversi giorni ci
separano dalla valle dei giganti, ma purtroppo o per fortuna,
intratteniamo il tempo con un’interessante discussione su quanto
siano mentalmente arretrati questi messicani a credere ad assurde
magie di chissà quale dio. Il buon Toro Scatenato, pur diverso dalla
gran maggioranza della sua gente, discende comunque da un branco di
selvaggi, ma decido di non far virare la discussione in quel punto,
per non ferire il suo indiscusso valore in battaglia. L’innalzamento
della media qualitativa del nostro discorrere, viene interrotta
dall’improvvisa comparsa di una mandria di bestiame, insieme ai
loro vacheros. Carter decide di avvicinarsi ai due messicani, dato
che la loro presenza qui è quantomeno inusuale. I due vacheros
salutano con grande umiltà e mi rendo subito conto delle loro
intenzioni, stanno fuggendo, da dove noi siamo diretti. Ci raccontano
senza problemi, di una vallata dove si viene colpiti a vista, di
scorribande in tutti i villaggi o accampamenti qui vicino e di carri
scortati a ogni ora del giorno; Tulac sta decisamente preparando
qualcosa di grosso. Con il mio brillante intuito e la mia esperienza
nei teatri europei, intuisco che sarebbe una buona idea mascherarsi
da semplici vacheros, per poterci avvicinare e indagare in zona dando
meno nell’occhio possibile e inaspettatamente i due messicani
accettano anche di venderci dei vecchi poncho per aiutarci
nell’impresa. Verso le diciassette del pomeriggio arriviamo al
vicino villaggio, di cui oramai sono rimaste solo case abbandonate.
Data la situazione disastrata riesco a fare solo una vaga stima di
quanto sia successo, ma Carter e Toro data la loro più ampia
esperienza riescono a trarre un’ipotesi sensata di quanto sia
accaduto in città. Probabilmente Tulac e suoi hanno assaltato la
città per poterla usare come centro di scambio tra casse di fucili e
i contanti, a sostegno di questa ipotesi, tracce di carri, cavalli e
casse ancora discretamente fresche, ci stiamo quindi decisamente
avvicinando alla nostra preda, l’indagine dura alcune ore, così
sopraggiunge la notte, e l’idea migliore è sicuramente accamparci
in una delle case abbandonate, facile anche da controllare.
mercoledì 8 ottobre 2014
Al Cisbani
Entrando
nei pressi della cittadina, risalta una casa separata dalle altre,
che attira subito la nostra attenzione, presenta atti di vandalismo
tutto intorno con ingiurie e scritte sulla facciata, la definiscono
casa di “El Brujo”, chissà che individuo inquietante potrebbe
essere questo Cisbani. Con l’irruenza che lo contraddistingue il
capitano bussa alla porta e con nostra sorprese ad aprire è quello
che ha tutta l’aria di essere una pessima imitazione messicana di
un maggiordomo. L’uomo alla porta si presenta come Eusebio, il
collaboratore di Cisbani e ci invita a entrare. Passo dopo passo con
mia immensa gioia noto che non siamo finiti dentro la casa di qualche
selvaggio, ma in quella di un uomo di scienza, animali imbalsamati e
libri adornano ogni angolo e addirittura un salottino dove ci
accomodiamo. Finalmente dopo aver sofferto tanto la compagnia degli
individui più rozzi mai apparsi sulla terra, la compagnia di Cisbani
è quasi un sollievo, egli riesce al fine di svelare molti arcani
delle contenitore. Ci racconta che la lavorazione del manufatto è da
ricollocarsi al culto di Xuinchel un antica divinità della Sierra
Encanda, attualmente guidati dal misterioso Tulac, un losco figuro.
Inoltre ci svela che i suoi adepti sono noti nella zona e sono molti
ad aderirvi come religione, e aggiunge che sono arrivati persino nel
suo studio per cercare di appropriarsi di alcuni sui reperti,
sostiene tale ipotesi il fatto di aver trovato in casa un cadavere
comparso senza apparente spiegazione. Per tutto il discorso sono
stato attento alle parole del professore, senza però togliere mai
completamente lo sguardo da Eusebio, che sempre mostrato uno sguardo
strano e vago, fino a diventare palesemente sospetto al racconto dei
cadaveri mummificati. Decido di mostrare a tutti la mia intuizione
spostando la mia attenzione su di lui e cercando di inserirlo nel
discorso, Eusebio non ci mette molto per mostrarsi per quello che è:
un adepto di Tulac. Eusebio racconta diversi retroscena che
chiariscono gli ultimi avvenimenti e le ultime ore, ci confessa che
siamo sotto controllo dal culto da quando abbiamo avuto contatti con
Pablito, e soprattutto di lasciar perdere questa indagine se teniamo
alle nostre vite. Eusebio sostiene di volerci aiutare, come ha fatto
con il professore, è stato infatti lui, a chiedere ai ladri che si
erano introdotti nello studio, di risparmiare Al Cisbani, richiesta
che ha portato addirittura alla colluttazione dei due, lasciando
appunto il misterioso cadavere. Il professore ci offre riposo mentre
lui cercherà di chiarirsi con il suo aiutante, stremati decidiamo di
accettare e finalmente dormire un po’.
sabato 4 ottobre 2014
Verso il Messico
Arizona
City, Luglio, 19, 1880. Ritornati in città, forse più arrabbiati
che delusi, veniamo raggiunti, ancora un volta, dallo sceriffo,
questa volta in veste di messaggero, con un telegramma. La
comunicazione appartiene a Jones, egli come ogni uomo di cultura che
si rispetti, mantiene la parola è ci comunica novità interessanti
sul manufatto di Pablito. Jones ci svela che il contenitore
appartiene ad un antica tribù locale, ma soprattutto ci indirizza da
Al Cisbani, un algerino residente a Pilares, oltre il confine, che
diventa immediatamente la nostra prossima meta. Riusciamo a guadare,
questa volta con poca fatica grazie al traghettatore fuori città e
la sua piccola chiatta. Arriviamo in poco tempo a Willox, e prima di
addentraci in città troviamo chiaramente tracce di cavallo e quello
che potrebbe essere sangue, che sia Pablito? Seguiamo le orme di
cavallo, fino a una piccola locanda fuori città, presidiata da due
messicani nella loro tipica “siesta”. Lo scambio tra noi e i
locali è breve, loro sono poco più che animali in fondo, mentre il
nostro di selvaggio, si dimostra molto di più che all’altezza
notando una brandina insanguinata oltre la porta socchiusa. E’
evidente che i due messicani erano in soci del farabutto così
dirigendoci dalla parte opposta da quella da loro indicata, troviamo
proprio Pablito, ormai morente caduto da cavallo dietro una
collinetta, Carter lo aveva evidentemente conciato male. Il messicano
è delirante, riusciamo a distinguere solo poche parole: Tulac e la
valle dei giganti. Poco soddisfatti di quanto accaduto non ci rimane
che proseguire verso Pilares e forse qualche risposta.
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