domenica 26 ottobre 2014

Finale e perplessità...

Il castillo, Luglio, 22, 1880. Ci ricongiungiamo con il maggiore Variera davanti alla fortezza, osservando l’artiglieria che l’esercito ha portato con se intuisco che la battaglia sarà breve, aggiorniamo il comandante e lui dopo essersi congratulato con noi, si offre di farci partecipare attivamente. Ogni speranza di accordo pacifico decade quando uno degli indios colpisce l’uomo con la bandiera bianca, questo si rivela una fortuna e Carter ha l’occasione di vendicare la sua gamba. In pochi minuti la fortezza è caduta e gli uomini di Tulac cercano di sfollare come meglio possono. Mentre i soldati li atterrano uno per uno, urlano e scalciano, riuscendo a capire solo “Tulac è morto, fuggiamo.” Infatti troviamo il loro capo suicida, nell’immensa sala del trono della fortezza, luogo imponente e magnifico, che però non presente alcuna traccia di Mescal, che a quanto pare è fuggito insieme alla gran parte delle informazioni di quanto accadeva qui. Ci salutiamo così con rispetto dal maggiore Variera che si è rivelato d’onore e grande alleato. La strada per l’America scorre in fretta, con una piccola tappa presso Al Cisbani per ringraziarlo del prezioso aiuto e assicurargli che potrà dormire sonni tranquilli. Si conclude così anche quest’avventura piena di violenza e ambizioni, ma so per certo che la vera missione non è ancora finita, Mescal è sicuramente alleato di qualche forza maggiore? Dove avrebbe attaccato Tulac? Questi e altri dubbi affollano i miei pensieri mentre attraversiamo il confine.

Difesa disperata

Sono momenti concitati, ma mettere in difficoltà quell’uomo è relativamente semplice ed egli per non lasciarsi catturare preferisce morire nel suo stesso enorme calderone. La sfida è vinta, ma questa volta il prezzo è ancora più alto, il capitano Carter è rimasto infatti ferito ad un gamba con un dardo, immediatamente grazie alle mie conoscenze di medicina riesco purtroppo a salvargli solo la vita, ma non la gamba. La nostra attenzione è richiamata dagli spari in alto che lasciano poco tempo per preoccuparci delle nostri condizioni di salute, corriamo verso l’alto e Doc è impegnato in un altro scontro a fuoco. La battaglia è convulsa provo a essere d’aiuto più che posso, sia io che l’aquila di Toro, riusciamo a essere poco utili, e la situazione è dura, finché non riesco a scorgere che altri uomini che compaiono dietro di noi dalle caverne, che ci sia un altro ingresso? Dobbiamo scoprirlo. Ancora una volta in battaglia, viene provato il valore del nostro gruppo, stiamo quasi per avere la meglio, quando lo scontro si interrompe al suono della tromba della cavalleria che viene in nostro soccorso, è un distaccamento del maggiore, che dopo aver messo in fuga i banditi si offre di scortarci al castillo.

domenica 19 ottobre 2014

Dentro la montagna

La valle dei giganti, Luglio, 21, 1880. 
Poco dopo l’inizio del mio turno di guarda scorgo tra i fumi, quello che sembra essere un uomo vestito in maniera appariscente, il quale ci osservava dall’ingresso di una caverna, ma nonostante uno sguardo più accurato dell’indiano, archivio il tutto come una visione. E’ ora di analizzare la scena, dalle ricostruzioni, anche qui il movimento di carri, cavalli e casse lascia presupporre che c’è stato il ritiro del veleno, che sembra proprio arrivare dalla caverna che avevo notato in nottata. E’ ora quindi di fare il punto della situazione, i miei compagni convengono che sarebbe il caso di abbandonare la zona, in quanto troppo pericoloso avvicinarsi, ma questo per me si rivela invece il momento per dimostrarmi fondamentale, posso infatti sgattaiolare senza problemi verso il fondo della valle, essendo il più minuto del gruppo. Carter inizialmente boccia la mia idea di intrufolarmi, ma notando quanto io creda nel risultato della missione, riformuliamo subito un piano d’azione. Il capitano da una piccola altura, provvederà a coprirci, mentre io farò strada a Toro e Doc attraverso i fumi, fino ad avvicinarci alla caverna, per poter svelare il mistero dell’uomo incappucciato. Purtroppo è la mia sicurezza a tradirmi, in poco tempo perdo l’orientamento per essere ancora una volta aiutato da Toro a ritrovare l’ingresso; dovrò davvero ricordarmi di esaminare le sue differenze razziali, egli è davvero una sorpresa fra la sua razza. In pochi minuti Carter ci raggiunge, Doc si offre per controllare l’ingresso e noi tre rimanenti ci apprestiamo a discendere nella caverna, l’odore è nauseabondo e la vita pessima, ma non è abbastanza a fermarci. Con tutta l’attenzione del caso ci addentriamo nella caverna fino all’anfratto principale, ciò che vediamo è sconvolgente. L’uomo incappucciato esiste ed è impegnato a rimescolare in grosso calderone, parti di piccoli cristalli, senza alcun dubbio il veleno mummificante. Quell’animale va fermato, comincia così senza tanti complimenti una furiosa battaglia, il nostro avversario infatti accortosi di noi, attiva una sorta di trappola che ci scaglia addosso un gruppo di pipistrelli per impedire la vista e la mira, mentre egli attacca col veleno. 

martedì 14 ottobre 2014

La valle dei giganti

Nei pressi della valle dei giganti, Luglio, 20, 1880. Il risveglio ci coglie di sorpresa con un’inaspettata cavalleria al galoppo, la prudenza è sempre stata nostra amica, quindi cerchiamo di stabilire un veloce piano di azione, ma nel mentre notiamo che i cavalli sono vicini proprio alla nostra abitazione e che è troppo tardi per gestire un piano in quanto una voce ci intima di uscire. Varchiamo la soglia con le mani ben in alto e tiriamo un sospiro di sollievo quando notiamo che si tratta dell’esercito messicano, quindi, teoricamente, nostri alleati. Il maggiore Variera si presenta con tono formale ma amichevole, e scopriamo che la fama di Carter arriva anche qui, possiamo quindi sederci intorno al fuoco per analizzare la questione. Il maggiore e il tenente Mendez ci ragguagliano sullo stato della situazione, e soprattutto sul fatto che non è Tulac, l’unico problema, ma anche il messicano Mescal, e principalmente la loro alleanza in questo particolare affare dei fucili. Tulac e suoi alleati sono barricati al Castillo, una piccola fortezza a ovest di qui, non troppo distante dalla valle dei giganti. Carter e Variera convengono che il miglior piano d’azione altri non può essere che: il nostro piccolo gruppo, perpetrerà un indagine nella valle per poi riunirsi all’esercito, dopo due giorni, al Castillo per l’assalto finale ai banditi. Ci salutiamo con tutti i convenevoli del caso e partiamo diretti verso la zona paludosa che precede la valle, ma l’imprevisto è sempre dietro l’angolo, ci imbattiamo infatti, non visti, in tre banditi che stavano perquisendo quello che sembrava essere un cadavere. Per i miei fidi compagni è facile avere la meglio dei tre banditi, due a terra è uno è subito preda del nostro gigantesco indiano. Emiliano, il bandito, parla, senza troppo sforzo, il cadavere è di un servo fuggito dalla fortezza, era stato inseguito per evitare trapelassero informazioni, ma a quanto pare il problema non è stato arginato. Il nostro prigioniero aggiunge che nella valle hanno stabilito un piccolo insediamento per il rifornimento di veleno. Consci che la nostra missione diventa sempre più chiara ci avventuriamo nel terreno paludoso, non prima di avere augurato un buon viaggio a Emiliano nel deserto. La palude è davvero inospitale e ogni movimento è faticoso, siamo talmente concentrati ad avanzare che non ci accorgiamo dell’ennesimo attacco degli indios, la lotta è serrata, ma anche qui riusciamo a sopravvivere, pagando il però il prezzo della morte di due dei nostri cavalli. Giungiamo quindi nella valle, essa è recintata da immense costruzioni di pietra, che nonostante tutto non posso non apprezzare, la valle è pregna di fumi e gas emanati dal terreno che rendono pessima la visuale e la nascondo ad occhi indiscreti e per chi non sa dove passare. E’ infatti difficile anche accorgersi che è sopraggiunta la notte, ma decidiamo lo stesso, con serrati turni di guardia, di riposare.

sabato 11 ottobre 2014

Verso la valle dei giganti

Arizona City, Luglio, 19, 1880. Ecco che ripartiamo, diversi giorni ci separano dalla valle dei giganti, ma purtroppo o per fortuna, intratteniamo il tempo con un’interessante discussione su quanto siano mentalmente arretrati questi messicani a credere ad assurde magie di chissà quale dio. Il buon Toro Scatenato, pur diverso dalla gran maggioranza della sua gente, discende comunque da un branco di selvaggi, ma decido di non far virare la discussione in quel punto, per non ferire il suo indiscusso valore in battaglia. L’innalzamento della media qualitativa del nostro discorrere, viene interrotta dall’improvvisa comparsa di una mandria di bestiame, insieme ai loro vacheros. Carter decide di avvicinarsi ai due messicani, dato che la loro presenza qui è quantomeno inusuale. I due vacheros salutano con grande umiltà e mi rendo subito conto delle loro intenzioni, stanno fuggendo, da dove noi siamo diretti. Ci raccontano senza problemi, di una vallata dove si viene colpiti a vista, di scorribande in tutti i villaggi o accampamenti qui vicino e di carri scortati a ogni ora del giorno; Tulac sta decisamente preparando qualcosa di grosso. Con il mio brillante intuito e la mia esperienza nei teatri europei, intuisco che sarebbe una buona idea mascherarsi da semplici vacheros, per poterci avvicinare e indagare in zona dando meno nell’occhio possibile e inaspettatamente i due messicani accettano anche di venderci dei vecchi poncho per aiutarci nell’impresa. Verso le diciassette del pomeriggio arriviamo al vicino villaggio, di cui oramai sono rimaste solo case abbandonate. Data la situazione disastrata riesco a fare solo una vaga stima di quanto sia successo, ma Carter e Toro data la loro più ampia esperienza riescono a trarre un’ipotesi sensata di quanto sia accaduto in città. Probabilmente Tulac e suoi hanno assaltato la città per poterla usare come centro di scambio tra casse di fucili e i contanti, a sostegno di questa ipotesi, tracce di carri, cavalli e casse ancora discretamente fresche, ci stiamo quindi decisamente avvicinando alla nostra preda, l’indagine dura alcune ore, così sopraggiunge la notte, e l’idea migliore è sicuramente accamparci in una delle case abbandonate, facile anche da controllare. 

mercoledì 8 ottobre 2014

Al Cisbani

Entrando nei pressi della cittadina, risalta una casa separata dalle altre, che attira subito la nostra attenzione, presenta atti di vandalismo tutto intorno con ingiurie e scritte sulla facciata, la definiscono casa di “El Brujo”, chissà che individuo inquietante potrebbe essere questo Cisbani. Con l’irruenza che lo contraddistingue il capitano bussa alla porta e con nostra sorprese ad aprire è quello che ha tutta l’aria di essere una pessima imitazione messicana di un maggiordomo. L’uomo alla porta si presenta come Eusebio, il collaboratore di Cisbani e ci invita a entrare. Passo dopo passo con mia immensa gioia noto che non siamo finiti dentro la casa di qualche selvaggio, ma in quella di un uomo di scienza, animali imbalsamati e libri adornano ogni angolo e addirittura un salottino dove ci accomodiamo. Finalmente dopo aver sofferto tanto la compagnia degli individui più rozzi mai apparsi sulla terra, la compagnia di Cisbani è quasi un sollievo, egli riesce al fine di svelare molti arcani delle contenitore. Ci racconta che la lavorazione del manufatto è da ricollocarsi al culto di Xuinchel un antica divinità della Sierra Encanda, attualmente guidati dal misterioso Tulac, un losco figuro. Inoltre ci svela che i suoi adepti sono noti nella zona e sono molti ad aderirvi come religione, e aggiunge che sono arrivati persino nel suo studio per cercare di appropriarsi di alcuni sui reperti, sostiene tale ipotesi il fatto di aver trovato in casa un cadavere comparso senza apparente spiegazione. Per tutto il discorso sono stato attento alle parole del professore, senza però togliere mai completamente lo sguardo da Eusebio, che sempre mostrato uno sguardo strano e vago, fino a diventare palesemente sospetto al racconto dei cadaveri mummificati. Decido di mostrare a tutti la mia intuizione spostando la mia attenzione su di lui e cercando di inserirlo nel discorso, Eusebio non ci mette molto per mostrarsi per quello che è: un adepto di Tulac. Eusebio racconta diversi retroscena che chiariscono gli ultimi avvenimenti e le ultime ore, ci confessa che siamo sotto controllo dal culto da quando abbiamo avuto contatti con Pablito, e soprattutto di lasciar perdere questa indagine se teniamo alle nostre vite. Eusebio sostiene di volerci aiutare, come ha fatto con il professore, è stato infatti lui, a chiedere ai ladri che si erano introdotti nello studio, di risparmiare Al Cisbani, richiesta che ha portato addirittura alla colluttazione dei due, lasciando appunto il misterioso cadavere. Il professore ci offre riposo mentre lui cercherà di chiarirsi con il suo aiutante, stremati decidiamo di accettare e finalmente dormire un po’.

sabato 4 ottobre 2014

Verso il Messico

Arizona City, Luglio, 19, 1880. Ritornati in città, forse più arrabbiati che delusi, veniamo raggiunti, ancora un volta, dallo sceriffo, questa volta in veste di messaggero, con un telegramma. La comunicazione appartiene a Jones, egli come ogni uomo di cultura che si rispetti, mantiene la parola è ci comunica novità interessanti sul manufatto di Pablito. Jones ci svela che il contenitore appartiene ad un antica tribù locale, ma soprattutto ci indirizza da Al Cisbani, un algerino residente a Pilares, oltre il confine, che diventa immediatamente la nostra prossima meta. Riusciamo a guadare, questa volta con poca fatica grazie al traghettatore fuori città e la sua piccola chiatta. Arriviamo in poco tempo a Willox, e prima di addentraci in città troviamo chiaramente tracce di cavallo e quello che potrebbe essere sangue, che sia Pablito? Seguiamo le orme di cavallo, fino a una piccola locanda fuori città, presidiata da due messicani nella loro tipica “siesta”. Lo scambio tra noi e i locali è breve, loro sono poco più che animali in fondo, mentre il nostro di selvaggio, si dimostra molto di più che all’altezza notando una brandina insanguinata oltre la porta socchiusa. E’ evidente che i due messicani erano in soci del farabutto così dirigendoci dalla parte opposta da quella da loro indicata, troviamo proprio Pablito, ormai morente caduto da cavallo dietro una collinetta, Carter lo aveva evidentemente conciato male. Il messicano è delirante, riusciamo a distinguere solo poche parole: Tulac e la valle dei giganti. Poco soddisfatti di quanto accaduto non ci rimane che proseguire verso Pilares e forse qualche risposta.