Ben presto ci
accorgemmo (o meglio, fu Toro Scatenato a dichiararlo, sostenendo che
glielo aveva detto un uccellino) di essere pedinati sia da un nutrito
gruppo di sudisti – almeno una dozzina -, guidati da un indiano,
sia da alcuni di quegli infedeli neri come il peccato, i quali si
tenevano nascosti nella boscaglia. Non appena arrivammo in una zona
montuosa, anche considerato il fatto che il nostro vantaggio si
assottigliava, ci disponemmo ad un'imboscata. Simulammo di esserci
accampati, lasciando i manichini e il ferito Doc attorno al fuoco,
mentre noi ci nascondemmo nella boscaglia in modo da tenere sotto
tiro la pista. Disgraziatamente, non appena l'indiano alla guida dei
sudisti vide l'accampamento, il gruppo si fece più guardingo, e il
comandante Lomax, che conduceva il drappello, lo divise addirittura
in tre: cinque salirono verso il luogo dove io mi ero appostato,
sotto la scorta del gigantesco indiano; tre proseguirono lungo la
pista; altri cinque procedettero fra la boscaglia più lontana da
noi. Giunti quasi all'accampamento, l'indiano si avvide dell'inganno,
fece appena in tempo a urlare che si trattava di una trappola prima
di essere falciato dalla precisa pistolettata del pur ferito Doc,
mentre le fucilate di Bret sistemavano gli altri due. Nel contempo,
io feci risuonare alta la Voce dell'Agnello di Dio, ossia della mia
Gatling, riuscendo subito a redimere con la morte tre dei peccatori
che ci stavano inseguendo, mentre gli altri due si rifugiarono sotto
un masso. La situazione sarebbe stata tranquilla, se improvvisamente
non fossi stato colpito alla mano da una stella di ferro, piccola ma
dolorosissima, scagliata da uno di quei diavoli neri mascherati,
spuntati dal folto degli alberi. Per fortuna, Toro Scatenato si
lanciò come un ossesso sugli infedeli, uccidendone uno sul colpo e
ingaggiando un duello all'arma bianca con il secondo, che lo avrebbe
tenuto impegnato ancora per un po', ma che poi avrebbe vinto.
Intanto, il mio Agnello ebbe modo di redimere un altro peccatore.
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