Come
al solito il viaggio pareva non finire mai, con la noia che regnava
sovrana, come in tutti i nostri lunghi spostamenti a cavallo. La fame
era ancor più pressante della noia così decidemmo di lasciar
cucinare a Doc, un’importante riserva di fagioli, per consentirci
di riempire gli stomaci. Poche ore dopo, ripresa la cavalcata, ci
rendemmo conto che la noia era probabilmente finita, dato lo
spettacolo che si poneva di fronte a noi. In una piccola radure
erbosa, una decina di capi di bestiame giacevano morti, senza un
apparente senso logico. Essendo il più capace nell’analisi sia
delle scene che dei corpi, mi accosto al bestiame per cercare di
capire quanto accaduto, o almeno avvicinarmi il più possibile alla
soluzione. Le mucche in questo particolar caso erano state, non
semplicemente sventrate barbaramente, bensì lavorate con precisione
chirurgica, con quella che sembrava essere una tecnologia
avanzatissima, e se aggiungiamo che effettivamente erano stati
asportati utero e sistema riproduttivi dell’animale, avevamo
davanti un bel mistero che aspettava solo di esser svelato. Proprio
per l’altissimo senso del dovere, il gruppo sceglie di addentrarsi
nella vicina città, per indagare e per rifornirsi di provviste.
Cavalcando con una misteriosa calma notiamo solo all’ultimo un
ragazzetto, che ci corre incontro armato di fucile da una parte e di
una busta dall’altra, ringraziando la leggendaria calma del
capitano, il giovane, non viene colpito dalla distanza prima di
arrivare a noi, così riusciamo ad ascoltare ciò che ha da dirci.
Composto e con un fare preciso, estrae il suo orologio da tasca,
controlla l’ora, domanda un paio di volte al nostro leader se è
effettivamente risponde al nome di John Carter; ma solo alla seconda
risposta affermativa gli porge la busta, salutandolo con tutti i
rispetti, nonostante lo stupore. Il capitano con un aria stranamente
interrogativa comincia a leggere, e poi avvolto dai pensieri lascia
cadere la lettera per permettere anche a noi di leggerla. La lettera
rappresentava un continuo mistero, richiedeva a Carter di fidarsi,
parlava di una minaccia incombente e solo lui era in possesso della
chiave per risolverle la situazione, chiave che accuratamente
nascosta in un enigma: “Vado avanti, vado indietro, corro e mi
fermo, ma non cambio mai di posto. Cosa sono?” Ma una volta finita
di leggere la parte più inquietante di questa missiva era proprio la
firma con data, John Carter e una data risalente a ottant’anni
prima. Scossi al punto di non aver alcun appiglio dietro tale
lettera, diventa imperativo indagare nella vicina città. Davanti al
saloon veniamo accolti dallo sceriffo che ci racconta come stanno le
cose in città, infatti da qualche tempo a questa parte, il
gigantesco tumulo indiano vicino il villaggio è teatro di fenomeni
piuttosto strani, unito alla sparizione di bestiame e addirittura di
donne. Il tutore della legge, ci spiega che di notte, dal tumulo si
vedono luci e odono rumori strani e che nessuno degli avventurieri
andati a indagare o lì in cerca di tesori indiani è mai tornato, ma
lui non è a conoscenza che noi siamo ben diversi dai soliti
avventurieri. Salutiamo con velocità e ci apprestiamo ad investigare
finché la luce del giorno è ancora dalla nostra parte. Il tumolo è
effettivamente un semplice luogo di sepoltura indiano, questo però a
differenza del solito è stranamente alto e largo, quasi fosse
qualcosa di diverso, talmente imponente che sembra quasi difficile a
occhi stabilire la natura della particolare nuvola stazionatagli
direttamente sopra. Rispettando, i diciamo parenti di Toro,
cominciamo una lenta scalata, che sarebbe progredita molto
tranquillamente se non fosse per il reverendo, che preso da un
immaginario delirio anche più del solito, fugge parlottando del
signore, per sparire velocemente alla nostra vista. Verso la cima
intravediamo distintamente che, improvvisamente, il nuvolone si è
trasformato in nembo di tempesta, fulmini, che sembrano comparire da
qualcosa nascosto nella nuvola. Una specie di uccello metallico si
mostra e sembra volerci attaccare, qualche scarica e poi si dirige
sfrecciando sulla città, come in cerca di qualcosa. Mentre tentiamo
di riprenderci da questa specie di improvviso temporale, notiamo che
l’uccello ha come invaso con una strana luce verde un frammento di
città, pochi secondi e sfreccia verso di noi, ma questa volta carica
verso il tumulo, che sembra aprirsi e accoglierlo all’interno. E’
una frazione di secondo è Carter si inserisce nell’apertura e
svanisce con il mostro metallico. Concordiamo tutti che la soluzione
di quanto è accaduto è da riferirsi all’enigma. La mancanza di
una leadership forte, si fa sentire, anche se è proprio dal flusso
continuo di idee, che il mio ingegno lavora per trovare una
soluzione, per quanto assurda essa sia, e la risposta è nel ragazzo
incontrato stamani e nel suo orologio! La vera soluzione all’enigma
il suo orologio! Ritorniamo quindi di corsa dove l’abbiamo visto
l’ultima volta ed è così che lo troviamo nel capanno vicino. Il
ragazzo ci racconta di chiamarsi John e che aveva in custodia la
lettera e l’orologio donato da suo nonno, di nome John anche lui.
Armeggiando con l’orologio, scopro all’interno una specie di
pietra violacea luminosa, senza ombra di dubbio ciò che lo strano
uccello stava cercando. Facendo nuovamente meta al tumulo, alla
ricerca di un modo per entrare, quando purtroppo sopraggiunge
nuovamente l’uccello meccanico per investirci col suo raggio verde,
che scopriamo ha l’abilità di far perdere i sensi. Di nuovo
coscienti, ci troviamo all’interno di una struttura di metallo, un
elemento che però non riesco a riconoscere, con armi in pugno o con
gli occhi spalancati, cominciamo a esplorare la zona. Presto ci
rendiamo conto di essere in una specie di gigantesco laboratorio,
dove sono in bella mostra in delle enormi vasche di vetro, parti
organiche di animali e donne, che stessero studiando il sistema
riproduttivo? Esplorando la struttura troviamo Carter e notiamo che
ha appena subito una tremenda tortura, egli ci racconta, di essere
stato aggredito e rinchiuso da uno strano essere che lo minacciava a
causa di una pietra che egli avrebbe nascosto… nel passato! Per
quanto assurda la situazione possa sembrare, è stato proprio lo
stesso Carter, catapultato nel passato ha nascosto la pietra nel suo
orologio da taschino per allontanarla da quell’essere. Ancora
indecisi sul da farsi, è proprio il nemico (un essere umanoide che
dice di chiamarsi Enlil) a comparire e inveire minacce sul capitano,
i racconti di Carter si rivelano del tutto veritieri e il nemico ha
la meglio su di noi in pochi minuti, e poco prima di stringere in
mano la pietra violacea, un urlo per quella che sembra essere una
fine poco gloriosa… se non fosse che dopo aver chiuso gli occhi per
il dolore, mi risveglio insieme ai miei compagni all’accampamento
dopo aver finito gli ultimi fagioli. Mentre scrivo queste parole
prima che sfuggano dalla mia mente, l’ossessione di capire come sia
stato possibile che sei individui abbiamo fatto lo stesso sogno,
lascia posto all’incredibile possibilità che non sia stato solo
una visione.
L'ammucchiata selvaggia
Il blog dedicato alla nostra campagna di Brass Age America
venerdì 20 febbraio 2015
domenica 15 febbraio 2015
Lo scontro finale ?
Intanto
Carter doppietta alla mano, entra prepotentemente nella locomotiva,
in tempo solo per raccogliere gli ultimi istanti della sua amata
Virginia, che dopo aver tentato di infiltrarsi nell’organizzazione,
muore subdolamente avvelenata. La furia del capitano è
inimmaginabile, ma prima che la sua ira possa colpirlo, l’uomo si
svela come un sosia, facente parte di una trappola ben orchestrata a
partire dall’agendina e soprattutto il treno è diretto per
scontrarsi con quello del presidente. Carter preso da una furia quasi
inumana, dimentica per un attimo il suo dovere, torturando il sosia
di Turbol fino all’inevitabile morte, e solo all’ultimo secondo
buono, completa il blocco del treno col freno d’emergenza. Siamo
finalmente riuniti, la minaccia è sventata e all’arrivo degli
inviati dei Magister Twelve, le nostre prime parole sono di compianto
per la povera Virginia, senza dimenticare un buon rimborso delle
spese, che Carter si trova costretto a chiedere per venire incontro
agli avvenimenti. Mark Twain, riabilita il capitano e ci nomina
ufficialmente servi della grande America, per quello che si
preannuncia come solo l’inizio di una serie di avventure.
domenica 8 febbraio 2015
Quel treno per...
Il
deserto, Settembre, 6, 1880. Sembra essere una cavalcata senza fine,
dobbiamo raggiungere e fermare il treno prima che possa usare quel
maledetto cannone, addirittura contro il presidente. Durante la
corsa, sembra quasi che manchi il fiato anche noi, mentre finalmente
scorgiamo in lontananza il treno, dal luogo prescelto per assalto. I
momenti sono concitati, cercherò di descrive con chiarezza quanto
accaduto anche ricostruendo tramite il resoconto dei miei compagni.
Carter parte primo, quasi preso da un fervore inumano, quello che so
è che ha intravisto Virginia e Turbol nel vagone di testa.
Fondamentale diventa lo sfoggio dell’abilità a cavallo apprese
durante la caccia la volpe a Londra, infatti saltare sul treno si
rivela tutto tranne che facile, ma tutti riusciamo nell’impresa.
Carter con un vagone di precedenza su di noi, sotto cui si trovano
probabilmente degli ostaggi, mentre noi sull’ultimo che stivava i
cavalli. Cerchiamo di avanzare con prudenza dal tetto delle carrozze,
la prestanza fisica dell’indiano è ideale per proteggere le mie
doti intellettuali in un azione meramente fisica, e infatti con calma
riusciamo ad avanzare eliminando alcune guardie che hanno la sventura
di arrivare a tiro del tomahawk di Toro. Il reverendo ci stupisce
tutti con un balzo col quale raggiunge Carter in avanti, Brett rimane
leggermente indietro per scoprire delle cariche sistemate sotto alle
ultime quattro carrozze. Toro ed io avanziamo, finché non odiamo
l’inizio di uno scontro a fuoco nelle prime carrozze, fermi sul
posto, abbiamo solo il tempo di capire che la locomotiva ci ha
lasciato indietro in quanto le carrozze sono state staccate e il
treno inizia immediatamente a rallentare. Cerchiamo in un ultimo
tentativo di avanzare, ma la goffaggine dell’indiano, dovuta alla
sua stazza, lo fa quasi cadere ed è costretto ad aggrapparsi a me a
quelle che scopro essere forti braccia. Sento solo l’inizio delle
urla del povero giovinetto che è scaraventato fuori dal treno da
Toro, dall’apertura così procurata riusciamo al fine a entrare nel
treno, ma la situazione è lungi dall’essere sotto controllo. Una
delle guardie di Turbol, agguanta una giovane donna per utilizzarla
come ostaggio. Silenzio. Tutta la mia abilità si concentra
nell’osservazione prima della ragazza e poi dell’uomo armato,
posso solo urlare che noi non cederemo mai davanti a tali bruti e con
un sol colpo mostrare quanto meriti il ruolo di protetto del
capitano. Il malvivente è a terra. Come ultimo dovere Brett riesce
abilmente a disinnescare l’esplosivo con terribile stupore
dell’ultimo scagnozzo rimasto; e così messi al sicuro gli ostaggi
corriamo sul primo cavallo disponibile nel vagone merci, per
rincorrere Carter e Jackson.
domenica 1 febbraio 2015
Strani incontri...
San
Francisco, Settembre, 2, 1880. Ritroviamo il nostro contatto, lo
stupore di Twain, per la celerità della risoluzione della missione è
poca cosa in confronto all’urgenza di arrivare alla fonte, così
rimaniamo di comune accordo che la nostra partenza verso Turbol,
avverrà l’indomani mattina. Il viaggio inizia inaspettatamente
tranquillo fino alla nostra prima fermata al saloon della cittadina
di Derron. Entriamo nel locale per sistemarci e abbeverarci, quando
vendiamo interrotti dall’arrivo di un gruppetto dall’aria poco
raccomandabile, cosa di cui si sarebbero potuti accorgere perfino i
profani della scienza fisiognomica. Uno degli individui si avvicina
di colpo al reverendo che viene preso di soprassalto, sospetto stesse
parlando con qualcuno dei suoi amici immaginari. Subito facciamo
spazio tra il nostro compagno e l’assalitore, che comincia subito a
imprecare contro Jackson. Egli si presenta col nome di Damon Alban e
parla di un debito di cinquecento dollari che il Reverendo avrebbe
contratto con lui. Il cosiddetto buon pastore è così obbligato a
svelare i suoi trascorsi criminali con la banda di Alban, e
soprattutto che li ha addirittura imbrogliati, fuggendo col malloppo
di mesi della banda, il tutto prima della cosiddetta redenzione.
Forse Jackson, non un pazzo che parla al vuoto, forse è solo furbo
nel coprire la sua fuga? Sicuramente è il tipo di canaglia utile al
gruppo, ma altrettanto certamente sarà interessante scoprire cosa si
cela dietro i suoi enigmatici gesti. Con mia somma sorpresa, non
scatta nessuna sparatoria, anzi Carter mostra tutto il suo innato
carisma, e convince e consiglia Alban e suoi, che sarebbe utile e
produttivo per entrambi un’alleanza, loro vogliono soldi, noi
supporto per la missione al forte; dopo un interminabile minuti di
silenzio, i banditi accettano. L’appuntamento con Alban è i suoi e
fra tre giorni alla fortezza di Turbol, alla resa dei conti. Il
nostro viaggio ricomincia, tre giorni di cavallo sono lunghi, ma il
morale è alto, il nuovo supporto da speranza a questa missione quasi
suicida. Come al solito non abbiamo tempo di annoiarci così sul
sentiero ci si para davanti un carrozzone dal chiaro stile europeo,
che sembra essere con una ruota rotta, e anche se la prudenza non è
mai troppa decidiamo di avvicinarci e investigare. Davanti al carro
ci si para con suoi enormi baffi, Boris, che sorridendo come solo gli
europei sanno fare, racconta di essere fermo, insieme a sua sorella Cleo e le due figlie di lei. L’omone non fa in tempo a raccontare la
sua storia che dal carro esce il resto della sua famiglia, le timide
ragazze e la donna che si presenta come Madame Cleo. Dopo esserci
sincerati delle loro buone intenzioni li aiutiamo a riparare il carro
e accettiamo di dividere con loro il pasto della serata oltre a
godere della loro compagnia, soprattutto trovo interessante discorre
con la giovane Galina. La serata sarebbe trascorsa piacevolmente se
escludendo la sciocca trovata della donna di “fare le carte” ai
miei compagni poco avvezzi a logica e scienza, insomma un sacco di
sciocchezze, che parlavano addirittura di faraoni! La mattina
salutiamo con piacere e ci incamminiamo eroicamente, verso la
missione
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